In tema di tutela del lavoro dei disabili è interessante un recente orientamento giurisprudenziale che tiene in considerazione la particolare e disagiata condizione del lavoratore affetto da disabilità.
La Suprema Corte aveva già chiarito come “In materia di licenziamento per superamento del periodo di comporto di un lavoratore disabile, la discriminazione opera in modo oggettivo ed è irrilevante l’intento soggettivo dell’autore. Non è dunque decisivo l’assunto del datore di non essere stato messo a conoscenza del motivo delle assenze del lavoratore, perché i certificati medici delle assenze inoltrati allo stesso non indicavano la specifica malattia quale causa dell’assenza. Ciò perché la discriminazione – diversamente dal motivo illecito – opera obiettivamente, ovvero in ragione del mero rilievo del trattamento deteriore riservato al lavoratore, quale effetto della sua appartenenza alla categoria protetta, ed a prescindere dalla volontà illecita del datore di lavoro” (Cass. civ., Sez. lavoro, 31/03/2023, n. 9095).
Nella sostanza “In tema di licenziamento, costituisce discriminazione indiretta l’applicazione dell’ordinario periodo di comporto al lavoratore disabile, perché la mancata considerazione dei rischi di maggiore morbilità dei lavoratori disabili, proprio in conseguenza della disabilità, trasmuta il criterio, apparentemente neutro, del computo del periodo di comporto breve in una prassi discriminatoria nei confronti del particolare gruppo sociale protetto in quanto in posizione di particolare svantaggio. (Principio affermato in relazione al periodo di comporto previsto dall’art. 42, lettera b), del c.c.n.l. Federambiente del 17 giugno 2011). (Rigetta, CORTE D’APPELLO MILANO, 03/07/2018) (Cass. civ., Sez. lavoro, 31/03/2023, n. 9095).
Sempre la medesima pronuncia degli Ermellini evidenzia che “è illegittimo il licenziamento del lavoratore disabile per superamento del periodo di comporto ove questo sia stato intimato a seguito del computo delle assenze per malattia, riconducibili alla disabilità del prestatore, nel periodo di comporto. Ciò in quanto il rischio aggiuntivo di essere assente dal lavoro per malattia di un lavoratore disabile deve essere tenuto in conto nell’aspetto dei rispettivi diritti e obblighi in materia con la conseguenza che la sua obliterazione in concreto, mediante applicazione del periodo di comporto breve come per i lavoratori non disabili, non può altro che costituire condotta datoriale indirettamente discriminatoria e perciò vietata” (Cass. civ., Sez. lavoro, 31/03/2023, n. 9095).